Organic foods contain a good amount of nutritional value compared to inorganic foods. Different studies have demonstrated the nutritional benefits of organic food which has essential nutrients like vitamins, minerals, antioxidants, etc. Therefore, our customers can benefit from consuming organic food that tastes better, offers high nutritional benefits and fewer health issues.
Organic farming methods are known to be more environmentally friendly. They promote soil health, reduce water pollution, and conserve biodiversity.
Organic foods are cultivated without the use of synthetic pesticides, genetically modified organisms (GMOs), or artificial additives. This emphasis on natural and sustainable practices has resonated with a broad customer base.
As the world becomes increasingly conscious of health, sustainability, and the environment, the organic food industry has experienced remarkable growth.
With consumers seeking healthier and environmentally friendly alternatives, investing in organic food presents an opportunity that aligns with both ethical and financial goals.
Quando si parla di fibra alimentare si fa riferimento ad un gruppo molto variegato di composti che sono presenti esclusivamente negli alimenti di origine vegetale, in particolare frutta, verdura, cereali e legumi. È ormai risaputo e condiviso anche dalla comunità scientifica che un maggior consumo di fibra attraverso gli alimenti vegetali abbia numerosi risvolti positivi per la salute e agisca come protezione verso l’insorgenza di numerose patologie croniche molto diffuse come diabete, malattie cardiovascolari e tumori. Ma che cos’è questa fibra? Qual è il suo ruolo nutrizionale? E soprattutto, quanta ne dovremmo assumere e da quali fonti?
Iniziamo col dire che la fibra alimentare non è considerata un vero e proprio nutriente, a differenza di grassi, carboidrati e proteine. I nutrienti infatti, grazie alla presenza di enzimi specifici nel nostro organismo, vengono digeriti e assorbiti permettendoci di ricavarne energia. Non possediamo invece gli enzimi per digerire la fibra, anche se più avanti vedremo che un po’ di energia riusciamo comunque a ricavarla in altro modo, quindi appunto non viene considerata un nutriente.
Le varie tipologie di fibra possono essere raggruppate in base alle caratteristiche di solubilità in acqua, distinguendosi in fibra solubile e fibra insolubile.
Questa distinzione ne definisce anche i diversi effetti sull’organismo umano.
Quando si parla di salute cardiometabolica si fa riferimento a tutti quei fattori, spesso sovrapponibili tra loro, che insieme possono influire sullo sviluppo di malattie sia cardiovascolari che metaboliche. Parliamo ad esempio dei livelli di colesterolo, in particolare colesterolo LDL, di glicemia, di trigliceridi, ma anche di circonferenza addominale e pressione arteriosa. Un adeguato apporto di fibra può agire positivamente su tutti questi fattori, scopriamo con quali meccanismi:
A livello gastrico, la fibra può migliorare il senso di sazietà relativo al pasto perché rallenta lo svuotamento gastrico. Si potrebbe quindi dire che la fibra rallenta la digestione e anche se questo sembra svantaggioso, in realtà è proprio uno dei meccanismi alla base degli effetti positivi per la nostra salute: un senso di sazietà prolungato può infatti influire sull’introito calorico giornaliero e sul mantenimento stabile del peso.
Abbiamo anche detto che la fibra non viene scomposta dai nostri enzimi, la cosa curiosa è che addirittura ne ostacola il lavoro. Per questo motivo i nostri enzimi ci metteranno di più a digerire i nutrienti presenti nel pasto, con la conseguenza di un rallentamento e una riduzione nell’assorbimento di grassi, zuccheri e colesterolo.
Il consumo di fibra è stato infatti associato ad una riduzione del rischio cardiovascolare proprio grazie alla riduzione dell’assorbimento di colesterolo e ad un minore livello di colesterolo LDL circolante.
È inoltre dimostrato che la fibra sia in grado di ridurre la risposta glicemica e di conseguenza la produzione di insulina sia nei soggetti sani sia in persone affette da diabete di tipo 2, dimostrando sia valenza preventiva che di supporto dietetico alla terapia in caso di diabete.
Infine, sempre in ambito di prevenzione cardiovascolare, quando la fibra viene fermentata nel colon da parte dei microrganismi intestinali vengono prodotti dei piccoli composti chiamati acidi grassi a corta catena. Più avanti li vedremo nel dettaglio, è però interessante sapere che questi composti vengono in parte assorbiti, andando in circolo nel nostro organismo ed espletando diverse funzioni interessanti, tra cui un’azione ipocolesterolemizzante (cioè di riduzione dei livelli di colesterolo).
Il sistema dominante è ancora prevalentemente lineare: si estraggono risorse per produrre un bene da consumare e poi buttare via. Come suggerisce il suo nome, l’economia circolare non prevede un inizio e una fine bensì un ciclo in cui i materiali vengono recuperati, riciclati e trasformati più volte, per ricavarne valore il più a lungo possibile. Si può descrivere questo modello anche attraverso il paradigma delle R: riduci, riutilizza, ripara, rinnova, ricicla, recupera.
Funziona? Eccome se funziona. Nell’Unione Europea sono già 4 milioni i posti di lavoro legati all’economia circolare ed entro il 2030 c’è il potenziale per crearne altri 700mila, aumentando il prodotto interno lordo di un ulteriore 0,5 per cento. Riprogettare materiali e prodotti in un’ottica circolare significa stimolare l’innovazione in svariati settori e ridurre la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di materie prime. Per non parlare, poi, dei benefici ambientali: allungare la vita utile delle materie prime, evitando che diventino rifiuti, significa alleggerire la pressione sulla natura e sul clima. Ad oggi i processi industriali e l’uso dei prodotti sono responsabili di oltre il 9 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione europea e la gestione dei rifiuti di un altro 3,3 per cento.
A pensarci bene, il modello stesso dell’agricoltura biologica è – fin dalle origini – intrinsecamente improntato alla circolarità. Perché dà valore alle risorse che la natura ci offre e cerca di farle vivere il più a lungo possibile, con varie tecniche a cavallo tra la tradizione e le nuove tecnologie. Così, la rotazione delle colture permette al suolo di riposarsi e rigenerarsi, il letame diventa concime, gli scarti vegetali diventano compost, i residui organici (come liquami, scarti di verdure e ortaggi, rifiuti alimentari e altre materie prime) servono per produrre biogas.
È proprio tutto il contrario del modello intensivo che punta tutto sulla massimizzazione delle rese: un approccio prettamente lineare che a prima vista incrementa la produzione, ma solo nel breve termine e lasciando dietro di sé uno strascico di conseguenze. Ad oggi, infatti, l’agricoltura intensiva assorbe – da sola – circa il 70 per cento del consumo globale di acqua dolce e contribuisce in modo determinante al degrado del suolo (che ogni anno, nel mondo, riguarda un’area grande quanto lo Zimbabwe). Non a caso, la Ellen MacArthur Foundation stima che, per ogni dollaro speso in cibo, la società ne paghi due in costi ambientali, economici e sanitari. Gli sprechi sono giganteschi e all’ordine del giorno: ogni secondo si perde l’equivalente di sei camion della spazzatura pieni di cibo commestibile. Nelle città, i sottoprodotti alimentari e i rifiuti umani finiscono quasi tutti in discarica o nell’inceneritore: appena il 2 per cento dei loro nutrienti viene recuperato, pur essendoci tecnologie capaci di farlo.
La buona notizia è che, con l’approccio giusto, le potenzialità offerte dall’innovazione tecnologica e l’indirizzo dato dalle normative, i princìpi della circolarità stanno pian piano contaminando qualsiasi settore produttivo. In termini quantitativi stiamo ancora parlando di una minoranza, come testimoniano i dati sul gigantesco consumo globale di risorse. Ma è una minoranza che ci dimostra, con i fatti, che un modello diverso è possibile. Soprattutto, che è vantaggioso per tutti: per l’ambiente, per l’economia, per le persone.
Sono numerosi gli studi che da decenni indagano la relazione tra il consumo di fibra e gli effetti sulla salute dell’intestino. Ad oggi le evidenze più forti che mettono d’accordo la comunità scientifica, individuano nella fibra un importante ruolo protettivo rispetto all’insorgenza del tumore del colon-retto. È fondamentale sapere che questo è il tumore più diffuso, se uniamo i dati sull’incidenza di tumori nella popolazione maschile e femminile, quindi sarebbe davvero importante attuare piccole strategie e cambiamenti per aumentare la fibra che assumiamo attraverso la dieta.
La fibra insolubile, quella tipica di cereali integrali e verdure che non viene fermentata dal microbota intestinale, tende ad assorbire acqua e, gonfiandosi, aumenta la massa delle feci. Questo agisce come aiuto nella regolarità intestinale, riducendo i tempi di contatto con sostanze potenzialmente dannose. Se ci scarichiamo con una frequenza corretta infatti, riusciamo ad eliminare in modo frequente anche tutte quelle sostanze potenzialmente dannose che inevitabilmente arrivano nel nostro tratto digestivo e che vanno a contatto con la mucosa intestinale. Ma non è finita qui, perché anche la fibra solubile e fermentescibile, tipica dei legumi, sembra avere un ruolo fondamentale nella salute intestinale. Parliamo in particolare degli oligosaccaridi, che tra le varie hanno anche la simpatica proprietà di fermentare nell’intestino causando gonfiore addominale in molte persone, in particolare quelle non abituate a consumare regolarmente legumi. Gli oligosaccaridi nell’intestino e nel colon vengono fermentati dal microbiota intestinale. Oltre alla produzione di gas, la fermentazione intestinale fa sì che gli oligosaccaridi siano spezzettati in composti più piccoli, chiamati acidi grassi a corta catena. Questi composti sono molto studiati e il modo in cui agiscono a livello intestinale è molto interessante: da un lato favoriscono il ricambio cellulare dell’epitelio del colon, poiché vengono utilizzati dalle cellule sane come nutrimento; dall’altro vanno invece a sfavorire la crescita di cellule già danneggiate, che non essendo in grado di utilizzare questi composti come nutrimento lo accumulano al loro interno non riuscendo più a replicarsi.
Abbiamo detto che alcune fibre vengono fermentate da specifiche popolazioni batteriche presenti nell’intestino e questo causa produzione di gas, soprattutto in relazione al consumo di legumi. Tutti quindi produciamo gas dopo il consumo di legumi, ma solo circa la metà delle persone avvertono fastidi legati a questo effetto. Questo dipende molto dal microbiota intestinale, la cui composizione varia da persona a persona in base a fattori genetici e ambientali, tra cui le abitudini alimentari. E quindi, le persone che provano fastidi che possono fare? In uno studio è stato notato che dopo una settimana di consumo regolare di legumi il 50% delle persone riportava fastidi intestinali; ma nella seconda settimana solo il 38% delle persone dichiarava di avere ancora tali fastidi. E dopo 6 settimane erano solo il 20% i soggetti che riportavano fastidi legati alla produzione di gas. Questi dati sono stati confermati anche da altri studi simili, potendo confermare che più o meno con un mese di consumo regolare di legumi, il microbiota si abitua a gestire meglio la produzione di gas. E come si abitua? Il gas prodotto non diminuisce, ma aumentano le popolazioni batteriche in grado di utilizzare quel gas come nutrimento, quindi lo assorbono dal nostro intestino e di conseguenza sentiremo meno gonfiore addominale.
La Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) stabilisce per gli adulti un obiettivo nutrizionale per la prevenzione pari ad almeno 25 g di fibra al giorno. Per raggiungere tale quantitativo, a differenza di quanto si possa pensare, frutta e verdura non sono sufficienti in genere. Neanche consumando le famose 5 porzioni al giorno (2 di verdura e 3 di frutta o viceversa) riusciremmo a raggiungere tali quantitativi di fibra. Cosa può fare la differenza? Ovviamente fare il possibile per avere sempre verdure ad ogni pasto e frutta agli spuntini, o come dessert, ma soprattutto:
Possiamo iniziare inserendo i cereali integrali almeno una volta al giorno, può essere una polenta integrale, del riso integrale oppure nero o rosso che sono anch’essi ricchi di fibra, o ancora pane integrale un pasto al giorno, ad esempio a colazione. I legumi invece, che rappresentano una fonte proteica da portare in tavola abbinata a cereali e verdure, andrebbero inseriti secondo le linee guida almeno 3-4 volte a settimana. Se preferiamo, possiamo anche inserirli più spesso ma in porzioni ridotte, unitamente ad una mezza porzione di altra fonte proteica. Ad esempio un hummus di ceci con verdure e pane integrale come antipasto seguito da un piatto unico, oppure dei piselli aggiunti ad un risotto che poi mantechiamo con del formaggio, o ancora dei cannellini che aggiungiamo al cous cous insieme a verdure e sgombro. Questi piccoli accorgimenti possono contribuire all’assunzione di fibra giornaliera e quindi fare la differenza sul nostro stato di salute attuale e futuro.
Tutti i pesticidi presentano un certo livello di tossicità e comportano rischi per neonati e bambini.
Il rischio dipende dal tipo di pesticida, dalla sua tossicità e dal tempo in cui un bambino è esposto: l’esposizione precoce, anche a basse dosi, a certi pesticidi comporta rischi importanti per la salute di un organismo in formazione in quanto, rispetto ad un adulto, il bambino non ha ancora sistemi efficienti per detossificare organi e tessuti. Per la maggior parte dei bambini il cibo rappresenta la maggiore fonte di esposizione, visto che purtroppo a causa del largo uso di pesticidi in agricoltura convenzionale, è sempre più frequente il multiresiduo ossia la concomitante presenza di più residui di pesticidi in uno stesso alimento.
Il microbiota intestinale è direttamente coinvolto nell’esposizione a pesticidi che, raggiunto l’intestino, possono creare alterazioni delle specie batteriche presenti, modificando la permeabilità della barriera intestinale. É per questo che il microbiota svolge un ruolo chiave nel modulare la tossicità dei pesticidi, in quanto è qui che gran parte dei pesticidi vengono metabolizzati. Ad esempio, alcuni esperimenti sul modello animale, hanno dimostrato che il clorpirifos, un insetticida molto tossico ampiamente utilizzato nelle colture, pertanto presente come residuo in frutta e verdura, può favorire l’obesità e la resistenza all’insulina modificando la composizione del microbiota, ed in particolare, diminuendo il numero di bifido batteri e lattobacilli, che inizialmente sono le specie maggiormente rappresentate nel microbiota del bambino in crescita, aumentando invece il numero di clostridi. Queste alterazioni, determinano una disbiosi, che a sua volta influenza il rischio di malattie allergiche nel bambino e nell’adulto, principalmente eczema atopico e asma: alcuni studi hanno infatti dimostrato che l’aumento dei clostridi e la riduzione dei bifidobatteri, nel microbiota intestinale dei lattanti ha poi portato, all’età di 2 anni, alla manifestazione di malattie atopiche. Alla luce di questo, è molto importante prevenire riducendo il rischio di contaminanti nella dieta del bambino, scegliendo alimenti che sono stati coltivati senza l’uso di pesticidi: diversi studi condotti su bambini hanno evidenziato come il passaggio da una dieta basata su alimenti convenzionali ad una composta esclusivamente da alimenti biologici, fosse efficiente nel ridurre i pesticidi, tra cui il clorpirifos, nelle urine, dimostrando che la modalità di produzione ha un ruolo chiave nella esposizione a pesticidi attraverso il cibo.
Soprattutto alla fine dell’allattamento al seno, il passaggio a cibi più vari e solidi è considerato un momento chiave per la formazione del microbiota del bambino, momento in cui aumenta la biodiversità che sarà necessaria per il suo stato di salute: le fibre della frutta e verdura, i cereali, diventano alimenti fondamentali per la crescita, per questo è importante assicurarsi che siano sani, senza pesticidi e di agricoltura biologica, che garantiscono anche un miglior profilo antiossidante e vitaminico.
Il cortisolo è un ormone prodotto dalle ghiandole surrenali e gioca un ruolo chiave in diverse funzioni del corpo; livelli cronici o eccessivamente alti di cortisolo, dovuti a stress prolungato, si possono riflettere sulla salute generale dell’organismo sotto forma di disturbi del sonno, ansia, aumento di peso e problemi cardiaci.
E ancora a lungo termine svolge un ruolo nella regolazione del sistema immunitario e può avere effetti anti-infiammatori, influenza la pressione sanguigna aumentando la sensibilità dei vasi sanguigni all'effetto dell’adrenalina; durante periodi di stress prolungato o in situazioni di malnutrizione ha effetti sul tessuto muscolare a svantaggio delle proteine muscolari. Non da ultimo si riflette sul tessuto osseo: a lungo termine, livelli eccessivamente alti di cortisolo possono influenzare negativamente la densità ossea e contribuire a problemi come l’osteoporosi.
La gestione dello stress attraverso tecniche come l'esercizio fisico, la meditazione, il relax e un sonno adeguato possono aiutare a mantenerne i livelli in equilibrio.
Numerosi studi scientifici ribadiscono l'importanza del tessuto fasciale nella salute umana, e molte persone hanno riportato benefici attraverso l'allenamento specifico del movimento fasciale.
Questo termine si riferisce al movimento e alla mobilità dei tessuti fasciali nel corpo: il tessuto fasciale è una rete di tessuto connettivo che avvolge, supporta e collega muscoli, ossa, organi e altre strutture nel corpo umano. Questo tessuto è estremamente importante perché contribuisce alla forma, alla stabilità e alla funzione del corpo; alcune correnti sostengono che il suo movimento possa influenzare anche il benessere emotivo e mentale.
Si tratta di attività nelle quali il movimento del corpo è morbido, a ritmo costante e vario nelle forme, può essere utilizzato come una modalità di espressione emotiva, consentendo alle persone di liberare emozioni accumulate e trovare un senso di sollievo.
Esistono varie tecniche e approcci che si concentrano sul movimento fasciale, tra cui:
Alcune semplici attivazioni che puoi fare: stretching dinamico con leggeri movimenti oscillatori, movimenti elastici come salti o saltelli per stimolare la produzione di collagene, massaggi o auto-massaggi per provocare uno scambio di fluidi nel tessuto connettivo.
L'esercizio fisico fasciale incoraggia a rilassare i muscoli tesi e a ridurre la sensazione di tensione nel corpo, favorendo una maggiore sensazione di calma, stimola inoltre la produzione di endorfine; spesso chiamate "ormoni della felicità", sono sostanze chimiche cerebrali che agiscono come analgesici naturali e migliorano l'umore. Questa attività in particolare si può definire ad alto impatto di longevità e sostiene una migliore qualità del sonno, un sonno adeguato è essenziale per affrontare lo stress e per regolare le emozioni in modo sano.
Tra i principali benefici si riscontrano rilascio di endorfine, riduzione del cortisolo, miglioramento del sonno, riduzione della tensione muscolare, miglioramento della flessibilità e del respiro: alcune pratiche come lo yoga, il pilates e il tai chi non solo coinvolgono il corpo ma anche la mente attraverso la respirazione consapevole; sono a basso impatto tensivo, la mente si focalizza e si rilassa.
Mantenere un buon livello di idratazione quotidiana, variare il movimento, massaggiare la fascia con apposite palline, uniti ad un’attitudine positiva, sostengono la sua salute.
In generale l'esercizio fisico e il movimento del corpo non solo possono aiutare a ridurre il cortisolo, ma anche a liberare emozioni positive e migliorare il benessere emotivo e mentale.
La gratitudine, il movimento e la centratura sono tre pilastri fondamentali che possono contribuire significativamente al benessere psicofisico di un individuo. Quando integrati nella vita quotidiana, questi elementi possono aiutare a costruire una base solida per la salute mentale, il benessere emotivo e la resilienza.
Esaminiamoli più da vicino.
La gratitudine è la pratica di riconoscere e apprezzare il valore delle cose, sia grandi che piccole, nella propria vita. Questo atteggiamento positivo può avere numerosi benefici per la salute mentale, tra cui:
Sentirsi grati può migliorare la tua salute sia in modo diretto che indiretto. Alcune ricerche dimostrano che l’esperienza della gratitudine può indurre un senso di rilassamento, migliorare il sistema immunitario e diminuire la pressione sanguigna, le persone grate tendono anche a coltivare abitudini di salute migliori, come mangiare cibi più nutrienti, fare esercizio fisico ed evitare comportamenti rischiosi.
Inoltre, l’ottimismo che deriva dalla gratitudine può creare un atteggiamento curativo: la ricerca mostra che le persone con atteggiamenti ottimistici ottengono risultati migliori dopo le procedure mediche.
Gratitudine e gioia: Robert Emmons, un esperto scientifico di fama internazionale sulla gratitudine, ha scoperto che riconoscere il buono della vita ha la tendenza ad amplificare le emozioni positive, come la gioia e la contentezza, perché ci aiuta a rallentare. "Penso che la gratitudine ci permetta di partecipare di più alla vita" – dice - "Notiamo di più gli aspetti positivi e questo amplifica i piaceri che ottieni dalla vita stessa".
Considera l'ultima volta che hai bevuto una buona tazza di caffè: hai prestato attenzione al calore della tazza sulle tue mani o alla sensazione di piacere quando hai preso il primo sorso? È facile ignorare questi piccoli momenti di positività nella nostra giornata mentre corriamo da un’attività all’altra, ma fermarsi ad apprezzarli li rende più potenti.
L'attività fisica, intesa come movimento, gioca un ruolo cruciale nel mantenimento della salute fisica e mentale. Non è necessario dedicarsi a intensi allenamenti; anche il movimento leggero può essere benefico. L’esercizio regolare contribuisce a migliorare:
Non solo, fare esercizio ha anche numerosi benefici per la salute mentale:
Non solo, l’attività fisica regolare può anche aumentare i livelli di energia e migliorare la concentrazione e la chiarezza mentale.
La centratura è il processo di ritrovare il proprio nucleo interiore di stabilità e pace. È un elemento chiave per mantenere l'equilibrio emotivo e la chiarezza mentale, e contribuisce a:
Incorporare queste pratiche nella routine giornaliera non deve essere complicato o richiedere molto tempo. Anche piccoli cambiamenti possono avere un impatto significativo. Ecco alcuni suggerimenti:
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